Vincenzo D’Amico e Mauro Meluso
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Lazio 1983-84
La Lazio 1983-84 è una neopromossa che fatica tremendamente a trovare il bandolo della matassa, il figliol prodigo Chinaglia ha speso il biglietto di ritorno dagli States ed è tornato per assumere la carica di presidente nel tentativo di emulare ciò che fece “papà” Lenzini.
Giordano, Manfredonia e D’Amico, più il carioca Batista e il giovane Laudrup autorizzano sogni di gloria che presto però si trasformeranno in incubi maledettamente fastidiosi!
Una colonna
Vincenzo D’Amico in quella stagione è quasi al termine di un percorso che lo ha portato ad essere un’icona del mondo biancoceleste; classe 1954, è arrivato alla Lazio già nel 1970 per essere poi tra i protagonisti dello storico scudetto targato Maestrelli (1974) e regalare delizie alla platea grazie ad una tecnica sopraffina anche se non abbinata a una certa continuità.
Una toccata e fuga nella Torino granata nel 1980 e l’immediato ritorno tra le aquile capitoline, con le quali risale in A al termine del campionato 82-83; in quella stagione, D’Amico è una delle colonne (e come potrebbe essere diversamente?) della Lazio, 25 presenze e 7 reti sono determinanti per raggiungere una salvezza giunta solo all’ultima giornata.
Resterà a Roma ancora un paio d’anni, vivrà la retrocessione del 1985 e poi nell’86 chiuderà l’esperienza capitolina con 10 presenze in cadetteria, ultime delle 274 in campionato con la Lazio; il canto del cigno a Terni, due anni in C2 e poi il ritiro.
Rampa di lancio
Il suo “vicino” di figurina, invece, è un giovanotto in rampa di lancio, arriva da Cosenza, figlio di uno scrittore, ma ha capito abbastanza presto che la fortuna l’avrebbe fatta più con i piedi che con le mani: Mauro Meluso, classe 1965.
Giunto alla Lazio fin dalle selezioni giovanili, esordisce in B alla 33esima della stagione precedente, 90 minuti, con il 7 sulla schiena, in un pirotecnico Lazio-Reggiana 3-3; in quel campionato 83-84, Meluso si ritaglia lo spazietto di 12 presenze, l’esordio alla quarta contro la Juventus (0-1 per Madama) e all’ottava, alla prima da titolare, stende in sessantun minuti (sostituito poi da D’Amico) l’Avellino con una doppietta decisiva nel 2-1 finale.
Le soddisfazioni però terminano qui: ancora titolare nel rovescio granata di Torino (0-4) e poi spezzoni fino al termine della stagione. Ricomincia dalla neopromossa Cremonese, ancora Serie A, e anche qui le gare sono appena 12, impreziosite dalla rete del momentaneo pareggio ad Ascoli (3-2 finale per i marchigiani), a retrocessione certificata.
Ricomincio da Zeman
Salutata la massima categoria, il ragazzo parte per un tour della Serie C1: prima tappa a Salerno con 4 reti in 27 presenze, segue un triennio a Monopoli nel quale si dimostra buon giocatore con 20 reti in 89 presenze, tanto da attirare l’attenzione del Foggia di Zeman, che per l’89-90 lo scrittura nel cast che affronterà la Serie B; 15 gare da gennaio alla fine e tre centri, l’ultimo dei quali alla Reggiana, nella sua ultima apparizione in B quasi a chiudere un cerchio aperto con l’esordio alla Lazio di tanti anni prima.
Le tappe successive sono un biennio a Casarano in C1, un’effimera stagione a Messina, ancora in C1, e due annate alla Fermana, nella prima delle quali è fondamentale per la vittoria del girone dell’Interregionale.
Appese le scarpe al fatidico chiodo, intraprende la carriera di direttore sportivo, dove ritrova (dopo parecchia gavetta) la Serie A con lo Spezia e mette la firma su una storica salvezza, quasi a volersi vendicare dei dispiaceri subiti da calciatore….