Roberto Baggio
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Colpi di codino
Roberto Baggio con oltre 350 gare disputate in Serie A e più di 150 reti segnate è il più prolifico attaccante in attività del campionato italiano; vanta tre Mondiali disputati e 55 presenze in Nazionale, condite di 27 gol che ne fanno il quarto cannoniere azzurro di tutti i tempi. I numeri della carriera di Roberto Baggio parlano da soli e raccontano di un giocatore che ha rivestito il ruolo di protagonista assoluto del calcio italiano e internazionale degli ultimi quindici anni.
Ma ben altri sono i “numeri” cui il “codino” (così soprannominato fino al cambio di look, avvenuto nell’agosto del ’97) ha abituato i tifosi delle squadre in cui ha militato. Innumerevoli sono le memorie di prodezze da cineteca del calcio lasciate agli appassionati, che ormai lo ammirano incondizionatamente. Perché con la sua fantasia e la sua classe purissima Roberto Baggio è diventato il simbolo stesso del calcio, in Italia e nel mondo. Fantasia e classe che però sembrano trovare sempre meno spazio nell’agonismo esasperato del calcio del Duemila.
Così si spiega (solo in parte: il resto è una specie di mistero) il calvario che ha dovuto sopportare prima nel Milan e poi nell’Inter, dove l’avvento di Lippi in panchina in pratica lo ha emarginato dal gruppo dei titolari, concedendogli solo qualche rara apparizione, peraltro onorata con le tradizionali prodezze, che hanno solo acuito il rimpianto di tutti gli appassionati. Roberto Baggio è arrivato in Serie A nel 1985, ma vi ha potuto esordire solo l’anno seguente a causa di un gravissimo infortunio.
Una coincidenza maligna volle che due giorni dopo essere stato ceduto alla Fiorentina per 2 miliardi e 800 milioni, in una partita di C1 (Rimini–Vicenza) il diciottenne talento subisse il 5 maggio 1985 la rottura dei legamenti crociati del ginocchio destro. Dopo, cominciò la lunga serie degli interventi chirurgici, dei tentativi di recupero.
Il debutto in A, il 21 settembre 1986, poi i nuovi infortuni al ginocchio operato, da cui uscì solo nella primavera del 1987. Più volte venne messa in dubbio in quei mesi la sua effettiva possibilità di recupero e ci volle una notevole forza d’animo per ripartire da capo ogni volta con incrollabile fiducia. Un periodo negativo, che tuttavia ancora oggi Baggio ricorda come quello che gli ha rafforzato in modo decisivo il carattere.
Dopo le 33 reti segnate in due stagioni a Firenze fra l’88 e il ’90 (e una rivoluzione di piazza, con tanto di guerriglia urbana per le strade, provocata dalla notizia della sua cessione), ha preso il via il fortunato periodo juventino: Roberto Baggio ha giocato con la maglia della Juventus dal ’90-91 al ’94-95, vincendo uno scudetto, una Coppa UEFA e il Pallone d’Oro nel ’93.
Dopo due stagioni non brillantissime al Milan, dove comunque vinse un altro scudetto, eccolo di nuovo incredibilmente a piedi. Succede nell’estate 1997: Fabio Capello torna al Milan e spiega subito ai dirigenti che Baggio non gli serve.
Il Milan prova a cederlo al Parma, ma l’allenatore Carlo Ancelotti, non appena lo viene a sapere, blocca la trattativa: Baggio non serve neanche a lui!
Alla fine deve accontentarsi di una squadra di provincia, il Bologna, dove approda dettando un proclama che sembra incredibile: “Voglio riconquistare la Nazionale per i Mondiali di Francia”. Detto e fatto. Nonostante i frequenti attriti con il tecnico Ulivieri, a Bologna il campione ritrova se stesso a suon di gol, fino a meritare la fiducia del Ct Cesare Maldini e la convocazione per i Mondiali disputati in Francia nel 1998.
Un giusto tributo, visto che sono proprio legate ai Mondiali le immagini che hanno scritto il nome di Baggio nella storia della Nazionale italiana: dalle reti-capolavoro di Italia ’90 e USA ’94 al rigore sbagliato nella finale di Los Angeles contro il Brasile.
Da molti anni, spinto da un amico e dallo stress, si è avvicinato al buddismo. Roberto Baggio si è divertito poco, nelle due ultime stagioni all’Inter: “Il calcio è cambiato” commenta. “Oggi valgono più gli schemi, le tattiche che l’allenatore ha in testa. A volte la personalità di un giocatore, la sua fantasia, può andare oltre le righe. E dare fastidio”.