Riccardo Calafiori Il Jolly Vince
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L’uomo del giorno
Riccardo Calafiori: terzino sinistro, centrale di difesa, uomo da cui partono le iniziative del Bologna (e della Nazionale…) dal basso. Oggi tutti lo conoscono e tutti (inevitabilmente) lo vogliono. Mi occupai di lui sul Guerin Sportivo di febbraio. Così…
Proviamo a ricapitolare sperando di non dimenticare qualcosa: è giovane (22 anni da compiere in maggio), era uno dei “bambini” coccolati da Mourinho alla Roma, Spalletti ha detto di lui che «È pronto per la Nazionale», Thiago Motta lo ha definito «bello e bravo», là dove per “bello” s’intende il suo stare in campo (e per “bravo” pure…).
Fidanzatissimo – per la disperazione delle tifose del Bologna – e con la testa sulle spalle, è il genero che ogni padre di figlia femmina sogna, è il calciatore che ogni allenatore vorrebbe allenare.
Riccardo Calafiori, romano de Roma e romanista di nascita calcistica, oggi è il faro difensivo del Bologna, ma il suo raggio… di luce va molto oltre, supera il centrocampo e a volte arriva pure in attacco, come fu chiaro fin dal suo debutto in Serie A.
Torino, 1 agosto 2020, nell’acquario dell’Allianz Stadium (pandemia, partite a porte chiuse, ricordate?), va in scena Juventus-Roma: Madama festeggia lo scudetto, i giallorossi un quinto posto che sa di Europa League.
E proprio i giallorossi fanno esordire Calafiori (18 anni), che si prende la briga e di certo il gusto di procurarsi il rigore del momentaneo 1-2 e poi cerca il colpo grosso mettendosi in proprio e ci riesce, ma il gol viene annullato.
Insomma, fin da quel giorno risulta chiaro a tutti che Ricky gioca in difesa, però ha le qualità tecnico-tattiche per ricoprire con successo altri ruoli.
Il “crack” che non t’aspetti
Dice: Calafiori è un predestinato. Vero, ma non troppo.
Vero che fin da giovanissimo (entra nel vivaio della Lupa a 9 anni) emerge per la sua classe, per mezzi tecnici e fisici non comuni che gli consentono di misurarsi alla pari pure contro avversari più grandi.
Però, a rendere una storia avvincente quella che pareva essere una favola a lieto fine arriva il Destino, che si manifesta in occasione di una partita della Roma in Youth League contro i cechi del Viktoria Plzen.
Quel giorno, 2 ottobre 2018, Riccardo è vittima di un grave infortunio e il verdetto è disastroso: rottura di tutti i legamenti del ginocchio sinistro, dei menischi e della capsula. Roba da chiudere la carriera prima ancora di cominciarla.
A quel punto entra in scena Mino Raiola, perché il ragazzino ha solo 16 anni ma già un contratto da professionista ed è seguito dal procuratore dei Vip. Calafiori vola negli Stati Uniti, in Pennsylvania, per l’operazione al ginocchio che sarà fatta dal dottor Freddie Fu, di cui Raiola si fida ciecamente perché gli ha messo a posto Zlatan Ibrahimovic.
Un mese negli States fra intervento e prima riabilitazione, poi il rientro in Italia accompagnato dalla grande paura che aveva già esternato al dottor Fu: «Riuscirò a tornare a giocare?». Il medico gli aveva risposto sinceramente: «Sì, ma sarà molto dura».
E qui Riccardo mette in campo un altro dei suoi talenti, la forza di volontà, il coraggio. Si rimbocca le maniche, lavora duro e alla fine tutto si sistema, con tanto – come abbiamo visto – di debutto in Serie A.
Il ragazzo con la valigia
Certo, prima che il ginocchio facesse crack tutto sembrava già impostato: Raiola gli aveva fatto sapere che Arsenal e Paris Saint-Germain lo facevano seguire con continuità e il suo destino – luminoso – pareva destinato a compiersi lontano da Piazzale degli Eroi, da casa sua, dai genitori, dalla sorella Rebecca.
E adesso? Adesso la Roma vuole verificarlo, gli cerca un club che possa impiegarlo con continuità e lo individua nel Genoa. Il giorno in cui verrà stilata la classifica delle scelte sbagliate, questa del club dei Friedkin occuperà forse la prima posizione.
Perché il Grifone in settembre cambia proprietà, poi nel corso della stagione sulla sua panchina si alterneranno quattro allenatori, ovvero Davide Ballardini, Andrij Shevchenko, Abdoulay Konko e Alexander Blessin, in rigoroso ordine di apparizione.
In un bailamme del genere, che si conclude con un’ovvia retrocessione, difficile che qualcuno si prenda cura di un ragazzo – in prestito… – da rilanciare, infatti Ricky chiude la stagione con 3 sole presenze e l’acre sapore di un anno buttato via.
Lui però, alla resa dei conti, mette a frutto pure il “buco nero” genoano, torna a Roma con maggiore consapevolezza e va a bussare a Trigoria: “C’è posto, per me?”. No, posto non c’è, però dalla Svizzera si fa vivo il Basilea, che frequenta le coppe europee e soprattutto crede nel ragazzo.
I Friedkin (un giorno qualcuno scriverà un libro su di loro) danno il benestare: basta un milione e mezzo in contanti, più il 40% sulla futura rivendita e il ragazzo può indossare la seconda maglia rossoblù della carriera.
Un morso di cioccolata
A Basilea, Riccardo fortifica il carattere e mette insieme nuove certezze, come confida agli inviati del Corriere dello Sport: «Ho imparato che la cosa più importante è essere sempre pronti. Non conta fare una partita benissimo. Bisogna essere continui, lavorare, dare il cento per cento. Questo conta».
Nel Paese della cioccolata, Calafiori si ferma solo un anno ma, appunto, ritrova continuità, accumulando 38 presenze (e un gol) tra campionato, Coppa di Svizzera e Conference League.
Il suo nome torna a comparire sui taccuini degli osservatori di mezza Europa, com’era accaduto qualche anno prima, ma il club che riesce a bruciare la concorrenza è il Bologna.
Sartori e Di Vaio superano la frontiera con la cadenza degli “spalloni”, quelli che se vengono fermati alla dogana magari dicono di essere andati di là per comprare cioccolata.
E in effetti quattro milioni per assicurarsi le prestazioni di questo futuro campione (ha 21 anni: lasciatelo crescere…) sono un bel cioccolatino per il presidente Saputo.
Meno per i Friedkin, che passeranno alla storia pallonara per aver incassato poco meno di tre milioni dalla cessione di un calciatore di cui oggi è impossibile tracciare i confini.
Da De Rossi a… Nesta
Ecco, adesso che dal mazzo sbuca la terza maglia rossoblù della sua carriera, siamo arrivati al punto: qual è il vero ruolo di Calafiori? E qui, con un po’ di pazienza, ci si può realmente sbizzarrire.
Perché il ragazzo, “nato” terzino sinistro, se la cava alla grande un po’ ovunque. Da fluidificante, come detto, ma Thiago Motta gli ha chiesto ben altro, prima affidandogli le chiavi da centrale della difesa, poi da primo ispiratore della manovra (un tempo si sarebbe detto da regista arretrato).
Infine, la cosa non sarà sfuggita agli esteti del pallone, quando Ricky si trova nella metà campo… sbagliata (che poi sarebbe quella avversaria) se la cava benissimo, avendo già dimostrato di parlare la stessa lingua del campioncino Zirkzee.
Insomma, un calciatore completo cresciuto avendo davanti agli occhi (e nel cuore, a quanto pare) Daniele De Rossi, il prototipo del tuttocampista ad alto livello.
Se invece vi piace il gioco del “somiglia a…”, ci sentiamo di proporre due soluzioni di un certo calibro, Paolo Maldini e Alessandro Nesta: stesso fisico, stesse qualità tecniche, stessa capacità (più il primo del secondo) di adattarsi al ruolo richiesto dall’allenatore. In pratica, ha i numeri per diventare un “nuovo mostro”.
Thiago Motta è stato meno esplicito del sottoscritto, però quando i cronisti gli fecero i complimenti per aver messo il ragazzo al centro della difesa, lui rispose serafico: «E sono sicuro che se avrò bisogno di altro, Calafiori sarà a disposizione per tutto».
Un corpo che parla
In definitiva, chi è questo ennesimo gioiello pescato da Giovanni Sartori? A sentir lui, un ventunenne come tanti altri.
Legatissimo ai genitori e alla sorella, fidanzatissimo (non è gossip: basta dare un’occhiata al suo profilo Instagram…), Ricky eccede solo in fatto di tatuaggi. Ne ha tanti (lui stesso ha perso il conto) e per tutti c’è una motivazione speciale.
Sulla mano, per esempio, campeggia il suo motto preferito: «C’è scritto: “Fai sempre caso alla bellezza collaterale”. Vuol dire che dalle cose brutte che ti capitano c’è sempre una parte positiva che puoi prendere. Quando faccio i tatuaggi è per un momento specifico. Questo l’ho fatto a Basilea. Avevo ritrovato continuità. Avevo riscoperto quanto potevo essere forte e quanto è divertente giocare».
Un ragazzo, come si diceva un tempo, “con la testa sulle spalle”. Un ragazzo che ha trovato il lato positivo pure nell’infortunio che poteva stroncargli la carriera: «Mi ha cambiato in tutto, e penso che senza quello non sarei diventato così forte». Non prova rancore nei confronti della Roma, anche se… «Dopo undici anni di Settore Giovanile esordisco in prima squadra, faccio gol… Era tutto perfetto.
Tornassi indietro, però, rifarei tutto». Coltiva – legittimamente – sogni europei. Per sé («Gli Europei? Bisogna vedere se mi chiamano. Adesso penso a giocare bene, continuare su questo livello non sarà facile. Il resto sarà una conseguenza. La chiamata spero che arrivi, ma io devo lavorare sempre al massimo») e per la sua squadra: «A Bologna ho trovato tranquillità, serenità, continuità.
Una squadra, un gruppo fantastico. Un allenatore bravissimo. A settembre, sinceramente, non pensavamo a un piazzamento che valesse le coppe europee, però adesso siamo lì, da quelle parti, quindi cerchiamo di rimanere dove siamo.
Non era il nostro obiettivo, così sarà ancora meglio se riusciremo ad arrivarci». Dicono abbia solo 21 anni: sarà vero?