Pietro Maiellaro – Figli di un pallone minore
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Il mancato La Volpe
Se Vincenzo Matarrese avesse avuto la sapienza artistica dell’avvocato Agnelli, non avrebbe esitato ad accostare Pietro Maiellaro a qualche pittore del passato. Il campioncino sarebbe diventato magari un La Volpe, artista ottocentesco della scuola di Posillipo e nativo di Lucera, paese da dove Maiellaro ha incominciato a dipingere calcio.
Andata e ritorno
Talento della strada, nasce a Candela nel 1963 ma, come accennato, spicca il volo da Lucera, dove nella locale squadra che disputa la Serie D si mette in luce attirando le attenzioni di don Antonio Sibilia, presidente dell’Avellino, durante un’amichevole tra i lupi dell’Irpinia (allora in massima serie ) e il piccolo Lucera; l’occasione è di quelle da prendere al volo e il futuro Zar (soprannome affibbiatogli dalla tifoseria barese e che dividerà con Pietro Vierchowod, chiamato a sua volta così dai supporters blucerchiati) parte bagagli alla mano, e palla al piede, direzione Avellino.
Un anno di apprendistato nella Primavera biancoverde e poi l’esame di maturità nella “Città Giardino ” di Varese, dove comincia a farsi un nome nonostante dalla nona alla ventisettesima debba restare fuori; è la squadra di Fascetti e del suo “casino organizzato”, ci sono Rampulla, Cerantola, Bongiorni, Turchetta, Strappa e Scarsella, insomma un bel mix nel quale Maiellaro totalizza 17 presenze e segna 1 gol, abbastanza per tornare in Irpinia ed esordire in A il 30/10/1983 in un Avellino-Catania 0-0 nel quale Veneranda lo inserisce al 46′ e lo cambia al 72′; saranno 6 le presenze a fine stagione e Maiellaro partirà per Palermo, C1 d’élite che domina agli ordini di Tom Rosati, staccando il pass per la cadetteria grazie al secondo posto ottenuto anche per merito delle sue 29 gare (due le segnature) condite da parecchi colpi di genio.
La svolta di Taranto
La successiva Serie B se la gode poco, dopo appena 4 gettoni ridiscende in C1 per traghettare il Taranto di Mimmo Renna nella serie superiore a suon di assist per bomber D’Ottavio!
Stavolta nella città dei due mari si erge a colonna portante di una squadra che mantiene la categoria e nella quale Maiellaro delizierà i palati tarantini con 31 gare e 3 reti.
Chiusa l’esperienza in riva allo Jonio passa a Bari, ancora Serie B alla corte di Vincenzo Matarrese; con la piazza barese è subito amore, i tifosi biancorossi stravedono per quel fantasista che inventa calcio e manda a rete tutti, da Bergossi a Rideout fino a Monelli e Scarafoni nella seconda stagione (88-89) che vede la squadra di Salvemini salire trionfalmente in massima serie.
Maiellaro è la mente di una squadra che conta sulla solidità difensiva di Loseto e sui polmoni di Terracenere, in due stagioni di cadetteria ha messo assieme 65 presenze, 13 reti e un mare di giocate da “prezzo del biglietto” ampiamente ripagato!
Serie A, finalmente!
Il contatto con la Serie A certifica che Pietro lo Zar ha i colpi per giocarsela con i grandi, all’esordio (contro la Fiorentina) segna la prima rete stagionale in un “Della Vittoria” stracolmo ed esce al 68′ (per Scarafoni) tra l’ovazione generale, ci penserà tal Roby Baggio a pareggiare al 78′: geni a confronto!
La prima stagione in A la chiude con sei reti in ventisette gare e Matarrese fa un discreto sacrificio per trattenerlo in Puglia; l’annata successiva è ancora uno spettacolo, Maiellaro inventa, Joao Paulo insacca e Bari sogna!
Un bacione a Firenze
Giunge così l’ora di provare “il salto” e il mago di Candela accetta la corte della Fiorentina agli ordini di Lazaroni, che durerà lo spazio di un attimo per essere velocemente avvicendato da Gigi Radice. Mazinho, Batistuta, Dunga, Branca e Borgonovo solo per citare le stelle più luminose, ma lo spogliatoio è una polveriera e Maiellaro non brillerà come tutti avevano preventivato.
Venticinque gare e quattro reti il bottino fiorentino, ma c’è tanta delusione e si ricomincia dalla Serie B, dal Venezia del rampante Zaccheroni, il quale lo accoglie a ottobre in un complesso che otterrà un undicesimo posto nonostante la presenza in squadra di nomi importanti come Mariani, Bortoluzzi e Campilongo.
Messico e nuvole
La stagione successiva Maiellaro delizia la platea del “San Vito” di Cosenza e agli ordini di Fausto Silipo disputa 31 gare siglando 7 reti, dispensando assist per la coppia avanzata Marulla-Negri; tappa successiva è la passionale Palermo, qui ritrova Salvemini e in un’annata terminata con un anonimo tredicesimo posto sigla nove reti in trenta incontri, dividendo i colpi di genio con Lorenzo Battaglia, altro fantasista che avrebbe meritato migliore fortuna.
Le giocate ci sono tutte, il genio non svanisce, ma la voglia di provare qualcosa di nuovo porta Maiellaro ad accettare la proposta messicana del Tigres, l’esperienza non sarà fortunatissima e dopo una sola stagione lo Zar rientra in Italia.
Stavolta è Serie C2 a Benevento, dove la sua fantasia si deve misurare con la ruvidità delle difese del girone meridionale; nessun problema, Maiellaro guida una squadra composta da grossi calibri (Sossio Aruta davanti, Imparato in porta e un giovane Bombardini tra gli altri) fino alla finale play-off, dove gli stregoni si arrendono alla Turris.
Campoalto
L’ultima tappa da calciatore lo vede illuminare il piazzale di una nobile decaduta: gioca infatti due campionati con la maglia di quel Campobasso che nei favolosi Anni 80 fece sognare una regione; i tempi del commendator Molinari sono lontani, ma lo stadio di Selvapiana si riempie ogni domenica per vedere Maiellaro dipingere calcio anche in Serie D, due stagioni a livelli altissimi (oltre 150 punti non basteranno ai molisani per riapprodare tra i professionisti!) lo consacrano a idolo nell’ennesima città e chiudono degnamente una carriera ricca di colpi geniali che avrebbe decisamente meritato qualche chances in più.
Ok era un calcio diverso, ok saremo nostalgici, ma siamo certi che se ci fosse un Maiellaro oggi, anche il Mancio sarebbe felice…