Paolo Montero, cattivi si nasce
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Paolo Iglesias Montero a 27 anni aveva già battuto nel campionato italiano il record di espulsioni. Sulle sue uscite anzitempo la stampa italiana a un certo punto ha cominciato a romanzare parecchio, quasi che l’apporto sul campo del difensore uruguaiano fosse limitato a interventi al limite del regolamento e soprattutto oltre.
Ora, se non si può negare che in campo spesso la grinta e la decisione lo portano a essere troppo ruvido, la sostanza è che Montero è un difensore centrale, nato come libero, perfetto per la Juventus e quindi di altissimo livello.
Buoni piedi (soprattutto il sinistro), una classe notevole per un difensore (una volta gli piaceva anche dribblare…), coadiuvati da una prestanza fisica notevole, oltre a una determinazione non comune e a una bella esperienza accomunata in Italia.
Non per niente Marcello Lippi lo volle alla Juventus quando si trattava di consolidare il reparto: ben si ricordava di Paolo, che aveva allenato al suo esordio con l’Atalanta, dove da matricola a fine stagione era risultato il primo assoluto nei recuperi, 211 per l’esattezza, davanti a mostri sacri come Maldini e Baresi.
E con la Signora Montero, che a Bergamo ha conosciuto il purgatorio della Serie B e le contestazioni, ha vinto molto, dimostrandosi difensore all’altezza. Temuto, in tutti i sensi. Di certo non è timido anche fuori dal campo, anzi, appena fuori dal rettangolo si fa rispettare, pure troppo.
Nel 1996 dopo una sconfitta a Vicenza accorse ad aiutare il compagno di squadra Di Livio che stava discutendo animatamente con un fotografo. L’intervento fu troppo energico: Paolo atterrò l’operatore con un manrovescio e la faccenda finì in tribunale. Il fattaccio ha contribuito in modo quasi decisivo a farlo entrare definitivamente nel girone dei cattivi.
E anche il look col passare degli anni è diventato sempre più spigoloso: dai riccioli a un taglio corto, cortissimo, quasi a zero, tipo marine dalle maniere spicce e dalla grinta a doppia lama. L’immagine non è proprio rassicurante, anche se i suoi allenatori non hanno dubbi sulle sue qualità.
In primis lo stesso Lippi: “Finché ha giocato per me, l’ho tenuto ben stretto. È un elemento di indubbia classe e temperamento, uno determinato, in possesso di una carica notevole, che sa trasmettere ai compagni. Non è cattivo. Può commettere errori, ma guida”.
Mondonico, altro allenatore di grande esperienza: “Montero può essere per certi versi paragonato a Franco Baresi: bravo in difesa, nel rilanciare e pure nello spogliatoio. È vero, prende qualche cartellino di troppo, ma spesso gli capita perché va a difendere i compagni”.
E comunque il suo senso tattico, la sua capacità di intervenire con un senso magico del tempismo, la duttilità che gli consente in casi di emergenza di disimpegnarsi pure come terzino sinistro ne fanno un campione a tutto tondo.
Degno del padre, Julio Castillo Montero, che fu asso del calcio uruguaiano, vincendo da difensore centrale del Nacional Montevideo cinque titoli nazionali, la Coppa Libertadores e la Coppa Intercontinentale.
Come dire: buon sangue non mente.