Marco Macina
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Quello più bravo di Mancini
I recenti capricci di Zaniolo, peraltro ben amplificati da una società, la Roma, non meno capricciosa di lui, hanno portato un po’ tutti a un parallelismo tra la stellina (momentaneamente in stand by) giallorossa e Marione Balotelli, uno di cui potete dire tutto tranne che abbia messo a frutto i suoi talenti.
A me, che sono vecchio, ne viene in mente un altro a cui avrei voluto aprire la testa per vedere se c’erano tracce di cervello (in senso lato, s’intende): Marco Macina. Provo a raccontarvelo…
Lo “straniero” stranito
Potrebbe essere uno dei tanti calciatori stranieri (in fin dei conti è nato a San Marino…) che hanno frequentato il football italiano, in realtà è uno dei tanti calciatori straniti da questo mondo.
Marco Macina nasce sul Monte Titano il 30 settembre del 1964, muove i primi passi in una squadretta locale, il Tre Penne, e finisce nel mirino degli osservatori del Bologna. In età scolare, entra a far parte delle giovanili rossoblù dove fa coppia (in campo e fuori) con un altro talentino di belle speranze, tale Roberto Mancini.
Marco e Roberto vivono esperienze parallele: hanno lasciato casa in giovanissima età, sono (diciamo così) parecchio esuberanti nella vita privata e in campo regalano perle di rara bellezza.
Sbanca Montecarlo
Marco, addirittura, più di Roberto, tanto che in occasione del Torneo di Montecarlo – riservato alle rappresentative nazionali Juniores – si aggiudica il titolo di Miglior Calciatore della manifestazione.
Lui meglio di Mancini, lui meglio di tutti. Il suo nome inizia a circolare fra gli addetti ai lavori, che cominciano a seguire la Primavera del Bologna come qualche anno dopo capiterà alla Cantera del Barcellona.
Mancini? Bravissimo. Però Macina è più bravo, ha più “colpi” a disposizione. I due arrivano quasi contemporaneamente al debutto in Serie A: Roberto lo festeggia il 13 settembre 1981, Marco un paio di mesi più tardi (22 novembre). Non hanno ancora la patente, ma entrambi finiscono sul taccuino dei grandi club.
Brunetto l’irraggiungibile
Mancini è una punta a cui piace giocare la palla: sa fare gol, ma sa anche mandare in porta i compagni; Macina è un longilineo dinoccolato, gioca all’ala, «è più veloce con la palla che senza» (definizione di Nils Liedholm), fa impazzire i terzini su entrambe le fasce (meglio la destra) e pennella cross al bacio.
Queste qualità gli valgono il pesante paragone con un Grande del tempo, Bruno Conti: non gli porterà fortuna.
Le sirene di mercato
La stagione 1981-82 si conclude in maniera disastrosa, con il Bologna che per la prima volta nella sua storia retrocede in Serie B.
Mancini viene ceduto alla Sampdoria, Macina invece rimane sotto le Due Torri: il presidente Fabbretti aspetta un’offerta all’altezza delle aspettative, perché se “è meglio di Mancini” non può essere venduto a un prezzo inferiore.
L’offerta non arriva, in compenso arrivano i primi sinistri scricchiolii che incrinano le fama di Marco. Il suo gioco lo porta naturalmente a sfidare i difensori e questi ultimi non gradiscono gli avversari che li irridono con finte e tunnel, così gli elargiscono calcioni a profusione, calcioni che lo segnano pesantemente nel fisico (le ginocchia cominciano a cedere) e nel morale (le sue certezze cominciano a vacillare).
Di male in peggio
L’anno dopo va addirittura peggio: il Bologna precipita in Serie C, Macina viene risucchiato nel gorgo e anche la società deve ridimensionare le richieste. Il ragazzo – appena diciannovenne – viene spedito altrove nella speranza che possa ritrovare il talento che, all’improvviso, sembra appannato se non addirittura perduto.
Arezzo e Parma sono due tappe non fondamentali in quella che sarà la sua breve carriera. Il cordone ombelicale che lo lega a Bologna viene reciso solo nell’estate del 1985, quando il club rossoblù cede il suo (ex?) talento al disastrato Milan di Farina.
L’unica cosa che funziona in quel momento, all’interno del barnum rossonero, è la guida tecnica: l’allenatore è Nils Liedholm, e questa è una gran bella garanzia per un ragazzo che deve trovare la strada maestra, quella che porta all’Affermazione.
Anche perché, non dimentichiamolo, Marchino ha solo 21 anni…
Il campione del giovedì
Il Barone si innamora subito delle qualità tecniche di Macina, ma il sanmarinese ormai ha la testa altrove (e forse neppure lui sa “dove”).
Così, mentre il gemello adottivo Mancini si fa strada a suon di gol e prodezze nel calcio che conta, lui si perde nella nebbia di Milanello: Liedholm lo impiega con il contagocce (appena 5 presenze in campionato) e se lo gode solo in occasione delle partitelle in famiglia del giovedì, dove Macina è sempre il migliore in campo.
Salta Farina, arriva Berlusconi: il Nuovo Milan non ha né tempo né voglia di aspettare il riscatto del suo gioiello perduto e lo spedisce altrove a dimostrare – se ne è capace – di essere “da Milan”.
Qualche bagliore nella Reggiana, una stagione oscurata da un grave infortunio all’Ancona e poi su di lui cala il silenzio. A 24 anni, Marco Macina entra a far parte della categoria degli ex calciatori.
Turista per forza
Che fine ha fatto l’ex enfant prodige del calcio italiano? Sparito nel nulla, fuori dall’ambiente, verrebbe da dire fuori dal mondo. Per la precisione, l’ultimo domicilio conosciuto era all’Ufficio del Turismo di San Marino.
Non poteva fare carriera: gli piacevano le discoteche e odiava sudare in allenamento, fuggiva dai ritiri ed era perennemente in baldoria.
A questo proposito, un aneddoto personale. Settembre 1985, ippodromo Arcoveggio di Bologna, riunione di corse in notturna. Il sottoscritto sta chiamando casa dal telefono a gettoni posto sotto la tribuna.
All’improvviso vengo raggiunto da una potente pedata nel sedere. Ripongo la cornetta, mi volto e vedo… Macina.
Era un giovedì, il campionato era già iniziato. «Ma tu non dovresti essere a Milano?» la mia ingenua domanda. «Ho comunicato al Barone (Liedholm, n.d.r.) che mi faceva male una gamba, lui mi ha detto di andare a casa per riposarmi. Lui non sa che casa mia è Bologna…» la sua disarmante risposta.
Il Mancio unica costante
Però una cosa va detta a favore di Marco: non è passato invano dal nostro mondo. Grazie a Macina, Roberto Mancini ha cercato (riuscendovi solo in parte) di recuperare alla causa Balotelli.
Il Ct, parlando di Mario, ha più volte ricordato: «Ho avuto compagni che mostravano gli stessi atteggiamenti di Balotelli, uno su tutti Marco Macina, un talento purissimo che stregò anche Liedholm e poi si perse per strada».
Già, quel tipo un po’ stralunato che era addirittura più bravo di te, Roberto… E adesso che pure Zaniolo – convocato dal Mancio in Nazionale quando il ragazzo non aveva ancora debuttato in Serie A – dà (o ha dato?) i numeri, possiamo allungare l’elenco?
Come diceva Nereo Rocco quando gli auguravano “vinca il migliore” se il suo Padova giocava contro una Grande, «Sperem di no».