Marco Delvecchio, il Predatore dell’Area
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Sempre sotto esame, Marco Delvecchio: come la maggior parte dei predatori d’area è giudicato solo in base a quanto segna. La cosa tra l’altro di solito gli riesce piuttosto bene.
Gol decisivi ne ha segnati parecchi, sia a Milano che a Roma, ma stranamente non c’è mai stata piena considerazione del suo valore assoluto, soprattutto da parte della tifoseria giallorossa, che ha faticato a perdonargli qualche errore di troppo sotto porta.
Magari non è esattamente un giocatore di qualità, ma sulla quantità di gioco da lui prodotta nelle ultime stagioni non c’è proprio da discutere. Però attenzione: non ha un marchio di fabbrica preciso, nel senso che Delvecchio non è neppure un rude boscaiolo d’area.
Il suo dribbling a rasoiate secche e scarti improvvisi gli consente di liberarsi con facilità dai difensori, soprattutto in progressione, ma anche negli spazi stretti d’area di rigore. E poi è rapido, intelligente, abile a farsi trovare là dove piove il pallone da mettere in rete. E tra colpi di testa, giocate d’anticipo, fughe in contropiede e stoccate sulle imbeccate di Totti il buon Marco si è sempre difeso benone, specialmente nelle ultime stagioni, durante le quali è stato senza dubbio incisivo, fino a passare dai fischi del pubblico alla maglia azzurra.
Adesso rivede la luce alla grande, ma nel suo primo periodo romano le sofferenze e le insofferenze non furono poche. Da piccolo principe nerazzurro, dove iniziò la sua carriera (Suarez lo fece esordire addirittura con la Juventus) e poi convinse solo a tratti, per una certa tendenza a fallire il gol sottoporta, a “esiliato” nella capitale, dove ci ha messo un po’ a ingranare.
Suo destino pare quello di dover essere sempre considerato come un rimedio, praticamente indispensabile, ma pur sempre come bomber di scorta, adatto per il part-time di lusso. Alla fine però Moratti e Sensi se lo sono contesi e lui alla fine è andato a raccogliere l’eredità di Balbo, uno dei pochi e intoccabili “over 100” gol del campionato. Il suo valore quindi è difficilmente discutibile, ma evidentemente gli tocca di essere sempre sotto “osservazione”.
Questo classico attaccante centrale, che spesso e volentieri nei derby castiga la Lazio e per questo è entrato nel cuore dei tifosi giallorossi, ormai, pur tra qualche mugugno convive bene con questa situazione precaria. Il suo destino sembra scritto: essere sempre discusso, uscirne sempre da vincitore sui dubbi e le perplessità.