Il Mondiale di Risiko – La Tosse e il Qatar
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Il Mondiale di Risiko
Anche chi – come il sottoscritto – riteneva una bestemmia calcistica affidare al Qatar il Campionato del Mondo, a questo punto alza le braccia e rimane in attesa degli eventi.
Il calcio, che a queste latitudini non ha né passato né presente, è davvero un contorno a tutto il resto. Qui, dove hanno pagato (tanta) moneta per farci vedere cammello, fanno più notizia la fascia “One Love”, i cappellini arcobaleno o i diritti delle donne in Iran piuttosto che i gol e le giocate a effetto.
Che il mondo – tutto – sia tendenzialmente marcio più o meno lo sapevamo, ma che il deserto qatariota potesse fungere da cassa di risonanza per la spazzatura mondiale è scoperta più recente.
Lista di proscrizione
In principio fu la Russia, cacciata dai playoff per aver invaso l’Ucraina, a sua volta esclusa dalla manifestazione per… demeriti sportivi (playoff perso).
Poi la fascia da capitano, che nelle intenzioni doveva essere a difesa dei diritti Lgbt, bocciata dalla Fifa in difesa dei soldoni elargiti dal Qatar, dove dei diritti Lgbt fregacazzi a nessuno (e allora perché non manifestare contro i padroni di casa?).
E poi, vuoi perdere l’occasione di protestare contro l’Iran per difendere i diritti delle donne iraniane? Inghilterra in ginocchio, con una forma di protesta nata negli Stati Uniti – presenti al Mondiale – per difendere i diritti della comunità afroamericana (e allora perché non manifestare contro gli Usa razzisti, tanto che ci siamo?).
Serbi dei padroni
Stavamo ancora metabolizzando tutto questo, ma ecco che scoppia la grana Serbia.
La Fifa ha aperto un procedimento disciplinare contro la Federcalcio serba per “propaganda politica”. Una bandiera con riferimento al vicino stato indipendente del Kosovo è stata appesa negli spogliatoi prima che la Serbia giocasse contro il Brasile giovedì.
Mostrava una mappa della Serbia che includeva il territorio kosovaro e lo scritta “Nessuna resa”.
Il significato? La Serbia non riconosce l’indipendenza del Kosovo, che pure è uno stato indipendente.
E adesso che si fa? Personalmente, mi aspetto un’altra bella protesta contro la Serbia, che quindici anni dopo i massacri etnici minaccia esplicitamente un Paese limitrofo.
Insomma, sapevo che il mondo fosse in crisi, però non credevo di vederlo così. In ginocchio. Per protesta. Contro se stesso.