Helmut Haller, il Tedesco “Sbagliato”
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«Il contratto è salvo!»
C’era una volta, e ormai – purtroppo – non c’è più. Già, c’era una volta un tedescone che indossava la maglia del Bologna (e poi quella della Juventus) e incantava tutti, un tedescone “sbagliato”, nel senso che di tedesco, oltre a nome e cognome (Helmut Haller, Augusta, 21 luglio 1939 – Augusta, 11 ottobre 2012), aveva ben poco.
E oggi non è più con noi, perché il morbo di Alzheimer se l’è portato via a 73 anni. Haller aveva fisico poderoso e classe cristallina, segnava ma soprattutto faceva segnare i compagni.
Arrivò a Bologna nel 1962: il presidente Dall’Ara andò personalmente ad Augusta per strappargli la firma sul contratto, rischiando addirittura la vita nel viaggio di ritorno, quando l’auto su cui viaggiava ebbe un incidente.
Un testimone oculare (mio padre…) raccontò che Dall’Ara, prima ancora di verificare che nessuno si fosse fatto male, mise la mano nella tasca interna della giacca e, estraendone il contenuto, esclamò: «Il contratto è salvo!».
Pur nella drammaticità del momento, il presidentissimo aveva visto giusto: Haller, negli anni a seguire, avrebbe contribuito a costruire quella gioiosa macchina da gol che nel 1964 avrebbe vinto lo scudetto.
E di gol, grazie ai suoi assist, Nielsen e Pascutti ne segnarono davvero tanti…
Il compagno Helmut
Helmut giocava a ridosso degli attaccanti: prelevava il pallone dai piedi di Bulgarelli o Fogli e lo trasformava in deliziosi inviti a rete per le punte.
Un trequartista, lo definiremmo con il lessico pallonaro d’oggi; un genio del calcio, se usassimo un linguaggio senza tempo.
Haller era forte e fantasioso, in campo come nella vita: un gaudente, raccontano le cronache dell’epoca, che peraltro mai andò fuori dalle righe.
Era un trascinatore, che avesse il pallone tra i piedi o una bottiglia di lambrusco in mano: il compagno di squadra che tutti avrebbero voluto.
Tutti, anche quelli della Juventus, che se lo videro recapitare su un piatto d’argento nell’estate del 1968. In bianconero, a Helmut toccò il compito di mettere a tacere chi ancora rimpiangeva Omar Sivori, passato tre anni prima al Napoli.
Missione compiuta, se durante i suoi cinque anni di permanenza a Torino, la Vecchia si aggiudicò due scudetti. Dopodiché, a 34 anni, tornò in Patria, dove avrebbe chiuso la carriera agonistica al compimento del quarantesimo anno d’età.
Lui e “Dondolo”
Se ne andò lontano dagli occhi dei tifosi italiani, non certo lontano dal loro cuore, dal momento che ogni scusa era buona per tornare dalle nostre parti a rivedere gli amici di sempre.
E a questo proposito sembrava strano leggere che la sua cessione alla Juve era stata dettata dalla rottura dei rapporti con Nielsen: rivederli tanti anni dopo, appesantiti nel fisico ma non certo nello spirito, ridere e scherzare assieme come ai bei tempi suonava più forte di qualunque smentita.
Anni dopo, un altro tedesco “sbagliato” si affacciò alla ribalta del calcio mondiale: si chiamava Gunther Netzer, giocava alle spalle delle punte e i suoi tocchi di palla sembravano pennellate sulla tela verde del campo da calcio.
Non venne mai a giocare in Italia, Netzer: poco male, noi avevamo già avuto modo di applaudire Haller, l’originale…