Gianni Flamigni e Roberto Muzzi
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Quel Pisa edizione 1993-94 non era poi così male: Antonioli in porta, l’esperto Bosco tra i difensori, centrocampo con Cristallini e Fiorentini, Rotella in attacco con un giovane ma già rodato Roberto Muzzi; il destino però aveva deciso che quella sarebbe stata l’ultima stagione dell’epopea Anconetani e così, dopo un campionato travagliato, i toscani si ritrovarono prima retrocessi allo spareggio (giustiziere il piccolo Acireale) e poi radiati dalla Federazione e costretti a ripartire dall’Eccellenza toscana.
Un incubo, insomma! Proprio il giovane Muzzi era stato preso dalla Roma a stagione iniziata, con l’intento di ovviare al bisogno imprescindibile del gol; la Panini così gli assegna la figurina numero 525 in coabitazione con il biondo difensore Gianni Flamigni, forlivese di nascita e cesenate di estrazione calcistica.
Mi manda Bigon
Flamigni è un classe 1969 che ha esordito in A già nella stagione 1987-88, quando i bianconeri di Romagna ottengono la salvezza guidati da Albertino Bigon. Per lui, due gettoni di presenza e una riconferma che sa di promozione; il torneo successivo colleziona un altro paio di presenze in massima serie, ma a novembre si trasferisce a Parma in Serie B, dove accumula le prime esperienze da titolare agli ordini di Gianpiero Vitali (saranno infatti 20 le presenze a fine campionato, utili alla causa di un buon decimo posto in graduatoria).
Il ritorno a Cesena lo vede protagonista nelle prime otto giornate del campionato d’esordio in Serie A di Marcello Lippi. Flamigni gioca sempre (5 volte dall’inizio), ma a novembre accetta la corte del Monza e scende in cadetteria, dove però le sue 15 presenze non basteranno a evitare la retrocessione in C1 del club brianzolo. Il terzo ritorno alla base cesenate gli vede raccogliere altri due gettoni di presenza in A, ma anche questa volta riparte a novembre destinazione Brescia e ancora Serie B.
Con Maciste Bolchi in panchina, il rosso difensore viene impiegato in 26 occasioni in una “rosa” che comprende nomi importanti quali Carnasciali, Ganz, De Paola, Citterio e Bonometti; il piazzamento finale sarà un nono posto, che comunque vale al ragazzo la conferma per la stagione successiva, quando al Rigamonti arriverà Mircea Lucescu, il quale trionferà nel campionato cadetto.
Per Flamigni le presenze saranno 24, la firma sul successo ma non sulla riconferma e così il difensore forlivese con la valigia in mano approda a Lecce richiamato da Bolchi, il quale lo schiera in 15 occasioni, ultima delle quali la decisiva vittoria sulla Lucchese che vale la promozione in Serie A, la seconda personale.
Gli ultimi fuochi
Anche questa volta non segue la squadra nella categoria superiore, rientra al Brescia (nel frattempo tornato in Serie B) ma trova solo lo spazio per 23 minuti ad Acireale, così a ottobre approda al Pisa di Anconetani, che annaspa tra le sabbie mobili della bassa classifica; 20 gare alla causa pisana e lo spareggio decisivo di Salerno vissuto con il 13 sulla schiena sono la sua ultima esperienza ad alti livelli, perché dal campionato seguente scende in C1 all’Ospitaletto, con il quale vive una stagione travagliata che culmina con la retrocessione in C2 (18 le presenze); un biennio in C2 nella sua Forlì gli regala poi l’emozione di sfidare il Milan in Coppa Italia, 25 mila persone affollano il Manuzzi di Cesena il 25 ottobre 1995, i biancorossi fanno un figurone ma la supersquadra di Capello passa con la coppia Di Canio-Eranio.
Flamigni chiude poi la sua esperienza di calciatore indossando per due stagioni la maglia di una Massese precipitata in Serie D e vivendo un ultimo campionato, ancora di Serie D, con addosso i colori del Grosseto; oggi si occupa di politica nel suo territorio e cerca di portare i valori imparati sul campo da calcio anche nel quotidiano.
L’ascesa di Muzzi
Quanto a Muzzi, ventitré presenze e otto reti in quella stagione nerazzurra, miglior marcatore insieme a Rocco, poi un fugace ritorno a Roma e la partenza per l’ isola felice di Cagliari.
Cinque tornei in rossoblù (quattro in Serie A), con 144 gare e 58 reti, lo eleveranno allo status di idolo, poi quattro stagioni a Udine con 39 reti in 103 gare; la deludente parentesi laziale, con 39 presenze e quattro gol in poco più di due campionati, e infine il biennio al Torino con 29 gare e 7 reti nel trionfale campionato cadetto del 2006 e 3 reti in 28 incontri nella successiva Serie A.
L’esperienza conclusiva della parabola di calciatore sarà però una stagione a Padova in C1, dove sigla le ultime 4 reti (23 le presenze) prima di annunciare il ritiro dal calcio giocato. Due ori europei con l’Under 21, nazionali giovanili da protagonista, classifiche marcatori che lo hanno ospitato per quasi una decade, eppure se pensa a quello spareggio di Salerno…
Flamigni in panchina, lui a battagliare con l’11 sulla schiena e le “carezze” di Logiudice, Migliaccio, Bonanno e Solimeno, i rigori falliti da Rocco e Rotella ed egli stesso che non lo tirò nemmeno, fosse capitato qualche anno dopo…