Fabio Cannavaro, Faccia D’Angelo
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Il prototipo del classico difensore italiano: aggressivo, reattivo, bravo di testa nonostante la statura non elevata. Cannavaro è stato il grande protagonista di Francia 1998, nel bene e nel male.
Negli occhi di tutti è rimasta la sua “eroica” prestazione a St. Denis contro la Francia, nei quarti di finale dei Mondiali. Andò male, come sanno tutti, ma Fabio fu il protagonista. Con la faccia squarciata (lo zigomo per essere esatti) da una gomitata di Guivarc’h, la benda e quattro punti di sutura, è stato un muro insormontabile per i “galletti” che hanno dovuto girare al largo dal suo territorio personale.
In quella sconfitta bruciante dopo la beffa dei rigori Cannavaro uscì alla grande in “losing effort“, come dicono gli americani: ribaltando il concetto, da vincitore morale. In quell’occasione ha mostrato a tutti il meglio del suo repertorio. Nell’anticipo emerge quasi sempre la sua superiorità sugli attaccanti: Cannavaro è specialista nei recuperi (ne fece ben 34 contro la Norvegia, sempre a Francia 1998), negli anni ha giocato sia a uomo che a zona e quindi è in grado di interpretare al meglio i vari moduli difensivi.
Il senso dell’anticipo l’ha sempre avuto: è nato come centrocampista, ma già negli allievi del Napoli fu arretrato di reparto per la sua vocazione di acchiappapalloni. La grinta e le buone pagelle non gli sono mai mancate: i trofei invece si’.
“Ho vinto due scudetti e una Coppa Uefa… come raccattapalle del San Paolo” dice sorridendo. Allo stadio non aveva occhi che per Maradona, sul campetto vicino a casa, il piazzale di Fuorigrotta, aveva disegnato uno scudetto col suo nome scritto sopra.
Ora, a Parma, dove lo ha raggiunto il fratello Paolo, difensore anche lui cresciuto nelle giovanili del Napoli, una delle mete improrogabili rimane senza dubbio quella, assieme alla rivincita in maglia azzurra, gomitate permettendo. Anzi, pure con quelle.