José Antonio Chamot e Pierluigi Nicoli
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Ci sono entrambi, allo Zaccheria, quel 5 settembre 1993, quando il Foggia di Zeman blocca l’Inter sull’1-1 alla seconda di campionato, José Antonio Chamot ha il 2 sulla schiena mentre Pierluigi Nicoli, con il 14, entra all’inizio del secondo tempo al posto di De Vincenzo e con i rossoneri sotto di un gol (l’ingrato, verso Zeman, Schillaci) e ridotti in 10 per l’espulsione di Giordano Caini, ma finirà 1-1 grazie a un rigore trasformato da Di Biagio.
Il fiuto di Romeo
Chamot in quel settembre è un giocatore che comincia ad affermarsi: scovato da quel volpone di Romeo Anconetani nell’estate del 1990, ha disputato tre campionati a Pisa, il primo in A e i successivi due in B, finché Zeman non ha convinto Casillo a portarlo in rossonero, da dove poi partirà (assieme al Mister boemo) per un quadriennio alla Lazio, una parentesi spagnola con l’Atletico Madrid, un rientro in Italia per vincere una coppa nazionale e la Champions con il Milan prima di andare a terminare l’esperienza sul campo con una fugace apparizione spagnola (Leganes) e un ritorno alle origini con la maglia del suo Rosario Central; il tutto accompagnato da tre Mondiali disputati e 43 presenze con la maglia della Nazionale Argentina.
Dalla Svizzera con ardore
Pierluigi Nicoli, invece, ha tutta un’altra storia. Quel settembre inizia il suo secondo campionato di Serie A dopo una gavetta durata quasi dieci anni; nato in Svizzera, ad Aarau, nel 1966, da genitori italiani, ha cominciato ad affacciarsi al calcio dei grandi nella stagione 1983-84, quando il Darfo Boario lo fa esordire nel campionato di Promozione: i numeri ci sono e così il ragazzo va a Brescia dove fa in tempo a mettere la firma, con due presenze, sulla promozione in Serie B delle “rondinelle”.
La stagione dopo passa, sempre in C1, alla Cavese, dove le partite disputate sono solamente 10, ma tutte utili a forgiare un carattere che lo porterà lontano.
Ricomincia avvicinandosi a casa, accettando la proposta dell’Orceana, che però retrocede dalla C2 all’Interregionale, lui resta lo stesso e l’anno successivo la squadra risale immediatamente tra i professionisti. Nicoli è tra i protagonisti di quell’impresa e su di lui mette gli occhi una società in rampa di lancio, quel Chievo che sappiamo poi bene dove è arrivato; a Verona, Nicoli si ferma tre stagioni, la prima delle quali vince il campionato agli ordini di mister Bui salendo in Serie C1; la tappa che gli servirà per decollare definitivamente è quella di Catania: con gli etnei disputa la C1 edizione 1991-92, gioca 32 delle 34 gare previste e si mette in luce come uno degli “affari” più appetibili della categoria. Zeman e Casillo lo hanno già nel mirino, loro i giocatori li fiutano prima e così il ragazzo di Aarau si lega per quattro intense stagioni ai “satanelli” pugliesi.
Benvenuti a Zemanlandia
Sono gli anni di Zemanlandia, allo Zaccheria vanno in scena spettacoli replicabili ogni quindici giorni e fatti di sovrapposizioni, scambi in velocità e giocate da sogno; Nicoli, in quel 93-94, è una colonna di una squadra che raggiunge il nono posto in Serie A, ed è titolare anche la stagione successiva, quando però con Catuzzi i pugliesi scivolano in Serie B dopo uno sciagurato girone di ritorno.
In Puglia, Pierluigi si ferma anche per affrontare il campionato cadetto, ma sarà una stagione deludente iniziata con Delio Rossi e portata a termine da “Roccia” Burgnich con un anonimo 12esimo posto e 22 gare per il difensore, che riguadagna la massima serie accettando l’offerta dell’Udinese; in Friuli la stagione sarà uno spettacolo, quinto posto e qualificazione alla Uefa con Zaccheroni, Nicoli però trova spazio in sole 10 occasioni e così decide di scendere in B con il Padova, dove vivrà un biennio non certo esaltante.
Solo 13 gare la prima stagione con annessa retrocessione in C1 nonostante le aspettative fossero ben altre, 17 invece le presenze nella successiva C1, quando i biancoscudati riescono addirittura nell’impresa di scivolare in C2 nonostante una “rosa” che comprendeva Cornacchini, De Zerbi, Buscé, Suppa e altri big della categoria.
A quel punto Nicoli decide di chiudere il discorso con i professionisti e si diverte tra i dilettanti di casa, due stagioni alla Frassati Codogno e un quinquennio al Darfo Boario (quasi a voler chiudere un cerchio aperto vent’anni prima) lo portano ad appendere le scarpe al fatidico chiodo all’età di 40 anni.
Partito dal Darfo e tornato al Darfo, nel mezzo Zemanlandia, Zaccheroni, la Serie A dei Baggio, Vialli, Mancini e quella figurina vicino al grande Chamot… Chissà quanti aneddoti si saranno goduti, i suoi compagni del Darfo!