Tutto il rosa del fondo
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Tutto il rosa del fondo
Chi mi conosce lo sa: scrivere non è il mio mestiere. Per carità, non è che non sia in grado di compicciare un testo. Il fatto è che sono abituato a standard elevati, i miei Tre Maestri (Italo Cucci, Adalberto Bortolotti e Marino Bartoletti, in ordine cronologico) mi hanno involontariamente aiutato a essere particolarmente selettivo.
Però leggo, e in questi giorni ne ho viste davvero di tutti i colori. Non parlo della frustrazione dei leoni da tastiera, quelli che a chiacchiere sono i depositari della Verità, parlo proprio dei miei colleghi.
E quando parlo di colleghi, anche in questo caso esce il fighetto che è in me, quindi la selezione è piuttosto severa ed esclude dal novero chi ha sparato sentenze dalla sdraio sulla battigia piuttosto che dal bar di una piscina.
Quelli – pur avendo in tasca la mia stessa tessera – non sono “colleghi”: è gente che fa il mio stesso lavoro.
Il dubbio di un “amico”
Dopo l’introduzione razzista, vengo al dunque. Ieri, un amico assolutamente virtuale (non ci siamo mai nemmeno incontrati per un caffè), Gianluca Anarcazione Fazioli, mi ha tirato in ballo in un suo post. Questo: “Io leggo di tutto sulle dimissioni di Roberto Mancini, eppure ha dichiarato “motivi personali”. Ora non stiamo parlando di un pirla. Non credo che avrebbe mai lasciato la Nazionale a pochi giorni dall’inizio delle qualificazioni. Motivazioni personali. Spero che lui e tutta la sua famiglia stiano bene di salute”.
Ecco, Gianluca – che di mestiere fa il commerciante – ieri ha fatto quello che deve fare un giornalista di fronte a un fatto o una notizia che non riesce a capire: ha tentato di andare alla fonte, conoscendo il mio rapporto con il Mancio.
Tradizioni da rispettare
Il giornale di Barbie, la rosissima (si può dire?) Gazzetta dello Sport, non l’ha fatto. No, mica doveva telefonare a me, bastava telefonare a Roberto per farsi spiegare l’accaduto. La Gazzetta dello Sport è un grande quotidiano di grandi tradizioni. Tra queste, ieri, il direttore Stefano Barigelli ne ha rispolverata una davvero fastidiosa: essere forte con i deboli e debole con i forti.
“Mancini senza scuse: nel suo addio il vento del cinismo”
“Il calcio italiano segna uno dei suoi punti più bassi. Si può lasciare una panchina ma non così, perché l’azzurro è di tutti gli italiani”
Ne converrete: sembra l’incipit di una condanna a morte o il riassunto di una velina arrivata da Via Allegri.
Il Barigelli parte lancia in resta contro il reprobo: “Mancini non ha scuse, non si scappa dalla Nazionale. Si può lasciare una panchina all’improvviso, anche quella azzurra, ma non così, con una semplice mail, fregandosene di chiunque: tifosi, appassionati, compresi le italiane e gli italiani che al pallone non sono interessati, ma all’Italia lo sono eccome. Perché la Nazionale è di tutti. Soffia forte nel calcio il vento del cinismo, del denaro assunto come unico valore, assoluto e distruttivo: il rispetto degli accordi, dei contratti, della parola data, non esiste. Peggio, è considerato l’armamentario dei fessi. In questo contesto, in cui giocatori strapagati danneggiano scientemente il club che gli ha versato fino al giorno prima un considerevole stipendio e procuratori mai sazi rinegoziano contratti firmati da poco, il calcio italiano ha vissuto una giornata di tristissima follia, che segna uno dei suoi punti più bassi. Da qui bisogna ripartire, intanto dando una risposta tecnica di qualità a un problema rilevante: l’Italia già a settembre si giocherà la qualificazione agli Europei, che abbiamo l’obbligo di centrare. Poi ci sarà il tempo per riflettere su come uscire da questa palude”.
Preferivi la raccomandata?
Che Dio ti illumini, direttore: “Si può lasciare una panchina all’improvviso, anche quella azzurra, ma non così, con una semplice mail”. Ma dove cazzo vivi? Quando mi dimisi da vicedirettore del Guerin Sportivo, nel 1996, lo feci inviando una raccomandata all’editore. Dovessi farlo oggi, risparmierei sui tempi e invierei una pec.
Dov’è lo scandalo? E ancora: “Soffia forte nel calcio il vento del cinismo, del denaro assunto come unico valore, assoluto e distruttivo: il rispetto degli accordi, dei contratti, della parola data, non esiste. Peggio, è considerato l’armamentario dei fessi”.
Da quando la Gazza – organo paraufficiale di Juventus, Inter e Milan, oltre che del Toro da quando l’editore è Cairo – sulle proprie pagine si batte contro l’eccesso di denaro che circola nel mondo del calcio? Io non me n’ero accorto, lo confesso.
Livori in corso
Il Baringelli è un fiume in piena, e si sa che l’esondazione può creare danni: “Mancini ha avuto il merito di vincere bene gli Europei e di perdere male le qualificazioni ai Mondiali. Altri sono stati esonerati per molto meno. Lui invece ha trasformato la sconfitta in un successo. Giocatore di grande talento, in panchina è stato sempre baciato dalla fortuna, come dimostra la sua carriera cominciata in discesa, quando gli fu permesso di allenare la Fiorentina senza averne i requisiti”.
Capito? Tanto che ci siamo, azzardiamo l’ipotesi che neanche avrebbe dovuto iniziare a fare l’allenatore, ventidue anni fa. Se la vendetta è un piatto che va consumato freddo, attendo con ansia l’incazzatura di Renzo Ulivieri…
Alla faccia del rinnovamento…
Ma il fiume in piena continua, niente e nessuno lo può fermare: “(…) Lo stellone l’ha aiutato anche dopo la disfatta contro la Macedonia del Nord, quando ci siamo ritrovati improvvisamente Italietta. Mancini è stato non solo confermato, ma gli sono stati attribuiti via via poteri crescenti, fino a diventare, solo poche settimane fa, il supervisore di tutte le squadre azzurre. Nell’occasione è stato rinnovato anche il suo staff, cambiamento che, così lascia trapelare il mondo vicino all’ex ct, non l’ha del tutto convinto. Il che avrebbe incrinato il rapporto con la Federcalcio”.
Direttore, che Dio, dopo averti illuminato, ti regali il numero di telefono del Mancio. Perché quando ieri l’umile cronista che non ama scrivere gli ha chiesto “perché?”, lui ha risposto con un malinconico “Era finita la magia”. E il suo staff non “è stato rinnovato”, è stato AZZERATO.
La vie en rose
Il Baringelli, attingendo alle grandi tradizioni della Gazza, si concede un pizzico di malizia: “Vedremo se la ragione è questa o piuttosto la faraonica proposta araba”.
Ti do una notizia, direttore: Mancini, nonostante “la sua carriera cominciata in discesa” fa l’allenatore, lo fa bene (il palmares te lo vai a cercare su wikipedia) e di conseguenza riceve spesso offerte. Quella araba è una, sicuramente la più ricca, ma non è la sola.
Ho in mente una canzone che dovrebbe piacere anche a te: La vie en rose… P.S. Per la cronaca, se ne volete sapere di più, oggi potete acquistare Stadio-Corriere dello Sport, che propone un intelligente elzeviro del condirettore Alessandro Barbano e un’esaustiva intervista al Mancio firmata da Xavier Jacobelli e Fabrizio Patania, colleghi che grazie al Cielo sanno fare il loro mestiere.