Massimo Ambrosini
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Quando il gioco si fa duro …
“Chissà cosa si prova, a soli ventitré anni, a vestire la maglia dei Campioni d’Italia?” Chiedetelo a Massimo Ambrosini, capace di conquistare il tanto agognato scudetto ancora giovanissimo; e il suo non fu affatto un ruolo da comparsa, ma di grande protagonista, nel Milan che nel novembre del 1998, dopo una severissima sconfitta patita per mano del Parma, decise che nel corso della stagione non avrebbe perso mai più. I rossoneri quasi riuscirono nell’impresa: fu la Roma l’unica a sgambettarli, il 29 febbraio, interrompendo solo per un attimo una rincorsa entusiasmante destinata a concludersi solo sul traguardo tricolore.
Ebbene, nel giorno della sconfitta coi giallorossi Ambrosini non era in campo. Una coincidenza? Di certo una delle pochissime assenze di un giovane che si era inaspettatamente trovato la maglia di titolare cucita addosso, e che con l’altrettanto sorprendente “baby” Abbiati guidava la carica del Milan alla rincorsa della Lazio.
Chi se lo ricorda da piccolo, con la maglia dell’Adriatico Calcio, a Pesaro, stenta a riconoscerlo: allora era un tornante che preferiva segnare ed attendere l’occasione propizia piuttosto che macinare chilometri sulla fascia. Difficile crederci oggi, quando questo centrocampista centrale fa della forza di volontà e del fisico i suoi punti di forza. La grinta è certamente una delle doti che lo hanno sempre accompagnato: così Ambrosini, assieme a tanti successi calcistici, si è tolto anche la soddisfazione (rara per un calciatore) di conseguire la maturità scientifica. Gioia mitigata però da un infortunio, la rottura di un crociato, che minacciò di troncargli la carriera.
Tra l’altro, proprio nel momento in cui il sogno stava cominciando a farsi realtà, cioè quando arrivò la notizia di un interessamento da parte del Milan per quel giovanissimo mediano che nel Cesena in Serie B stava bruciando le tappe con la sua grinta e il suo agonismo da veterano delle battaglie di centrocampo.
Ambrosini non si perse d’animo: facendo leva su un carattere evidentemente forte, approfittò della sosta per crescere sul piano mentale e su quello tattico. Così, quando Zaccheroni decise che il centrocampo del Milan aveva bisogno di un’iniezione di forza e freschezza, Ambrosini si fece trovare pronto. E non mollò più la maglia da titolare, arrivando presto anche a indossare quella azzurra: Under 21 e poi Nazionale maggiore, in rapida sequenza.
In molti storcono il naso di fronte alla sua tecnica non certo sopraffina, ma lui è il primo a riconoscere di dover lavorare ancora sui fondamentali e di non essere un artista, ben sapendo che nel suo ruolo ci sono fattori agonistici e fisici che possono compensare ogni lacuna.