Vedi Napoli e poi…
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Napoli Juventus
Napoli e Juventus, oggi, si affrontano per fare la voce grossa: azzurri per ribadire il buon diritto ad aspirare allo scudetto, bianconeri per certificare la loro rinascita.
Due club che non hanno palmares paragonabili, eppure sono legati da un filo resistentissimo da una sessantina d’anni.
Ho vissuto una stagione a Napoli al seguito di mio padre, direttore sportivo nel 1967-68 (“storico” secondo posto dietro il Milan), e l’ho toccato con mano, quel “filo”. A difendere i pali del Ciuccio, per dirne una, c’era Dino Zoff, che sarebbe diventato in seguito l’ultimo baluardo della Signora di Trapattoni.
Sfida a colpi di calzettoni
Dinomito è il primissimo nome che mi viene in mente, ma non è l’unico. In quel Napoli, infatti, giganteggiava Omar Sivori. Sivori era il guizzo vincente, era la fantasia, era il testimonial perfetto per rappresentare la sfida che il Napoli aveva lanciato agli squadroni del nord.
Era arrivato in riva al Golfo nel ‘65, proveniente proprio dalla Juventus, per l’insistenza di Bruno Pesaola (argentino come lui) e per le manie di grandezza del Comandante Lauro, che pur di averlo sborsò settanta milioni di lire e per convincere definitivamente la Fiat (pardòn, la Juventus) acquistò due motori navali per la sua flotta.
Sivori non sopportava più il ginnasiarca Heriberto Herrera e andò a Napoli a mostrare la sua arte, pur dovendo affrontare parecchi problemi fisici dovuti al suo vezzo di giocare senza parastinchi, con i calzettoni arrotolati.
Era il suo gesto di sfida. Piccolo di statura, affrontava i difensori avversari più o meno così: una finta, il pallone che supera (preferibilmente in tunnel…) il terzinaccio avversario e via, verso l’altrui porta! A meno che il terzinaccio, al terzo se non addirittura al secondo tunnel subito, non perdesse la pazienza e gli piantasse i tacchetti sulla gamba.
Più o meno quello che successe l’1 dicembre 1968: Favalli lo contrasta duramente, Sivori s’incazza e gli restituisce il fallo platealmente.
E mentre Favalli si rotola per terra neanche fosse una delle comparse di Salvate il soldato Ryan, l’arbitro Pieroni espelle Omar, che verrà accompagnato negli spogliatoi da Panzanato e Salvadore, autori di un match di boxe mentre infuriava la tempesta Sivori. Ah, già, non vi ho detto qual era la partita: Napoli-Juventus 2-1…
E quella sarà anche l’ultima partita giocata in assoluto dal Cebezòn: acciaccato fisicamente e squalificato per 6 turni, chiuse con il calcio giocato. Per lui, nessuna partita d’addio: quello, l’addio, lo annunciò in diretta televisiva, una ventina di giorni dopo, durante una puntata di Canzonissima…
Core ‘ngrato
Quel primo, meraviglioso Napoli capace di competere ai vertici della classifica poteva contare anche su un altro fuoriclasse, José Altafini, che in Italia era arrivato grazie al Milan.
Sette anni in rossonero, cui ne seguiranno altrettanti in azzurro e – ahimé – quattro alla Juventus, durante i quali meriterà – secondo i tifosi partenopei – l’appellativo di “Core ‘ngrato” quando nel 1975, all’88’, realizzerà il gol del 2-1 che consentirà alla Juventus di staccare i rivali napoletani e vincere lo scudetto.
Un passo indietro. Prima di diventare, ormai trentaquattrenne, il bomber part time in bianconero (lui stava in panchina ed entrava in campo nell’ultimo quarto d’ora per risolvere la partita), “Mazzola” (come lo chiamavano in Brasile, paragonandolo all’immenso Valentino) aveva scaldato il cuore di tutti noi che frequentavamo l’allora San Paolo.
Ne ricordo soprattutto uno, dei suoi gol. In casa, contro il Torino. Palla alta lanciata poco dentro l’area, mucchio selvaggio, Altafini la addomestica di testa, dopodiché la va a riprendere con una splendida rovesciata. Il portiere granata, Lido Vieri, 55 anni dopo ancora si chiede come fece il pallone a finire alle sue spalle…
Altri “migranti” sulla rotta Napoli-Juventus
Napoli-Juventus, quindi, non è “solo” una partita fondamentale per lo scudetto 2023, è anche (per gli amanti del calcio) un crogiuolo di sentimenti e personaggi vivissimi nei nostri cuori.
Perché oltre a Zoff, Sivori e Altafini, tanti altri hanno percorso questa rotta. Il primo che viene in mente è Ciro Ferrara, bandiera su un fronte e sull’altro proprio come Fabio Cannavaro, due guaglioni amatissimi dalla Signora.
O Massimo Mauro, che si è tolto lo sfizio di giocare assieme a Zico, Platini e Maradona, il Meglio del Meglio.
O ancora Luciano Moggi, direttore generale di entrambe le società, ma qui è meglio chiuderla, perché il vino non diventi aceto…