Luciano Moggi – Lei non sa chi ero io
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I quotidiani, oggi, danno ampio risalto all’intervento di Luciano Moggi all’assemblea degli azionisti della Juventus. Ecco, estrapolati dal Corriere dello Sport, alcuni brani moggiani.
Avvertenza per gli anti-juventini e per chi ama il calcio come sport: tenete a portata di mano il Maalox. Servirà. «Sono qui per capire, a leggere i giornali sono catastrofi e invece sento cose diverse. Poi sono venuto per ringraziare Andrea Agnelli, nove scudetti non si vincono con facilità, solo chi c’è dentro conosce le difficoltà.
L’epiteto che la Juve vince perché ruba è assurdo. La Juve ha vinto sempre sul campo, anzi forse hanno rubato qualcosa a noi. A Perugia, con il diluvio del Curi.
E l’anno dopo, quando Gianni Petrucci ha sostanzialmente cambiato le regole in corsa per fare in modo che Nakata, da extracomunitario, potesse giocare la partita contro la Juve.
E poi guardate chi c’è in panchina a fare il team manager (riferendosi a Oriali), quello che ha contraffatto il passaporto di Recoba».
Spalare merda sugli altri nel vano tentativo di ripulire se stessi: la classe non è acqua e Lucianone ne è l’esempio.
Ma, ci avverte il Corrierino, la missione del giorno di Moggi è quella di riaprire il file Calciopoli, portando in dono ad Agnelli una chiavetta usb: «Io ancora combatto per Calciopoli, noi siamo stati ritenuti colpevoli per cose che hanno fatto altri. Ho portato un cofanetto con una chiavetta, qui c’è tutta Calciopoli.
Sentirai (rivolto ad Agnelli) Carraro dire che Lazio e Fiorentina non possono retrocedere e di non aiutare la Juventus.
Se è vero che è stato riaperto il caso plusvalenze perché pensano di aver trovato cose nuove, è altrettanto vero che dovrebbe essere riaperta Calciopoli.
È una ferita che non si rimargina né per noi né per la Juve, sono anni che lavoriamo per questo cofanetto. La Juventus deve essere sempre vincente. E non ha mai rubato per vincere, questo è il punto».
Oggi, Moggi ha 85 anni. Ma lo sapete chi era lui?
Sua onnipotenza
Quando tutto ti riesce con facilità, e magari tutto ti è permesso, il rischio è quello di credersi onnipotenti. È quanto è successo a Luciano Moggi, per anni burattinaio indiscusso del calcio (e del calciomercato) italiano.
Lucky Luciano (Luciano Il Fortunato) approda al pallone per pura passione. Prova anche a giocarci, a calcio, ma con risultati disastrosi, così capisce che la passione va alimentata dietro una scrivania.
Lavora per le Ferrovie dello Stato, poi nei fine settimana viaggia tutta Italia alla ricerca di giovani talenti.
È uno tosto, Lucianone, e non si ferma davanti agli ostacoli: questa sua sfrontatezza piace a Italo Allodi, general manager della Juventus, che lo arruola fra gli osservatori dando così il via a una folgorante carriera che lo porterà ad avere ruoli ufficiali negli organigrammi di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus.
Abbiamo specificato “ruoli ufficiali” perché in realtà Moggi gestisce contemporaneamente il mercato di tantissimi club. A un certo punto, diciamo la metà degli anni Ottanta, ha in mano i destini di metà Serie A, due terzi di B, la maggioranza assoluta del Girone A della C1 e l’intero Girone B, senza contare il mondo dilettantistico, che pende in larga parte dalle sue labbra.
Moggi muove calciatori, direttori sportivi e allenatori sotto gli occhi di tutti: non “ufficialmente”, perché l’ipocrisia della forma viene salvaguardata, però tutti – ufficiosamente – sanno tutto e nessuno interviene.
Una nuova frontiera
Arriva la Legge Bosman, anche il mercato del calcio diventa globale, i procuratori proliferano come funghi e si arricchiscono facilmente: Luciano comprende la vastità della “nuova frontiera” e… chiude il cerchio, aiutando il figlio Alessandro ad allestire la potentissima Gea, che in breve – ça va sans dire – monopolizza il mercato dei procuratori.
Ricapitolando: Moggi si trova nella situazione di trattare… con se stesso il passaggio di un calciatore da un club all’altro, dopodiché concorda (sempre, in pratica, con se medesimo) l’importo del contratto che l’atleta sottoscriverà.
Siamo in Italia, ancora oggi il Parlamento fa finta di discutere sul cosiddetto conflitto di interessi, figuriamoci se il calcio corre ai ripari.
Chi troppo vuole…
Tutto continua a funzionare in quella maniera, poi – all’alba del 2006 – il delirio di onnipotenza va in conflitto con interessi altrettanto importanti e scoppia il bubbone, che viene riassunto con il nome di Moggiopoli.
Si mettono in discussione scudetti, promozioni, retrocessioni, trasferimenti. Sbatti il mostro in prima pagina non è più solo il titolo di uno splendido film di Marco Bellocchio: è anche il motivetto in voga nelle redazioni di giornali e tivù e in quegli uffici in cui Moggi si è sempre mosso da padrone e che dopo lo scoppio dello scandalo fanno a gara per rinnegarlo.
Dall’aula sportiva a quella dei tribunali, il conto che viene presentato a Lucky Luciano è salatissimo.
Limitandoci all’ambito sportivo, Moggi è radiato dalla Federcalcio. Lui, per gradire, ottiene il tesserino da giornalista pubblicista, collabora con quotidiani ed emittenti radiotelevisive.
Ultimo domicilio lavorativo conosciuto: Tirana, Albania, dove svolge attività di consulenza per il Partizan. Finisce così, la carriera di un Onnipotente? Ufficialmente, sì.
Ufficiosamente, se andate a fare una passeggiata dalle parti del luogo che ospita il calciomercato, vi sembrerà di essere sul set di un altro film: Shining. Sono tanti i segni, le persone, le sensazioni che ci ricordano il passaggio di Moggi da queste parti…