100 di questi giorni, Marino! – Io guardo al futuro
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«Io guardo al futuro»
Oggi compie 74 anni Marino Bartoletti. Per tutti, giornalista e scrittore di grande successo. Per me, Maestro, amico e compagno di sogni da poco meno di quarant’anni.
Sfidando le leggi di internet e la presunta mancanza di voglia di leggere, mi sono permesso di intervistarlo: 74 domande, altrettante risposte.
Lo so, mi rendo conto, il testo è lungo.
Se volete un consiglio, non guardate il timer, prendetevi il tempo che serve e gustatevi il racconto di questa straordinaria persona. In caso contrario, non saprete mai che cosa vi siete persi…
«Io in realtà ho sedici anni»
Ok, oggi è il tuo 74° compleanno, però a me sembri sempre quel cazzutissimo quaranta/cinquantenne che faceva bellissimi giornali e inventava trasmissioni televisive destinate a diventare storiche. Tu da che cosa ti accorgi di avere 74 anni?
«Dal fatto che me lo rammentano gli “amici”. Io in realtà ho sedici anni, non ho i baffi e guardo al futuro».
Sei nato a Forlì, che non è esattamente la Mecca dell’editoria italiana. Racconta a chi non lo sa che cosa s’inventa un ragazzo forlivese che sente bruciare dentro di sé il sacro fuoco del giornalismo…
«S’inventa di bussare per un mese alla porta della redazione de “Il Resto del Carlino” di Forlì (unico giornale “vero” censito nell’arco di 60 chilometri) e di farsi aprire per sfinimento. Al “Re senza corona e senza scorta” andò molto, molto peggio. Citazione per animi poetici».
Ok De Andrè (ci mancherebbe…), ma di musica parliamo dopo. Dalla piccola Forlì alla tentacolare Milano…
«Capii di avere una buona predisposizione. Scrissi ad Aldo Giordani, grande telecronista, padre del basket italiano e caporedattore del Guerin Sportivo. Gli mandai un po’ di articoletti. Mi telefonò: “Che cosa ci stai a fare a Forlì? Vieni a Milano e cerca di capire quanto vali. Al massimo torni indietro”. L’8 settembre del 1971 salii su un treno: con mia mamma che mi diceva “Cosa ci sarà mai a Milano che non c’è a Forlì?”».
Io ho avuto tre Maestri, ovvero tu, Cucci e Bortolotti. I tuoi chi sono stati?
«Complimenti: due sono Maestri veri. I miei sono stati Aldo Giordani, Gianni Brera, Enzo Biagi e la professoressa Ljuba Frattini, che in fondo ai miei temi al liceo commentava: scrivi benissimo, peccato per quello stile un po’ giornalistico. Se in un articolo, in genere, riesco a fare percorso netto in fatto di consecutio, lo debbo a lei».
«L’invidia non fa per me»
Ti è mai capitato di invidiare un collega?
«Proprio invidiare no, viste la stima e l’amicizia: ma i libri che ha fatto Gigi Garanzini su Rocco, Bearzot e Gigi Riva, il 99 per cento dei colleghi italiani se li scordano (per competenza e aderenza storica)».
C’è un collega con cui avresti voluto lavorare ma non è mai capitata l’occasione?
«Se mi perdona il fatto di annoverarlo fra i “colleghi”, Indro Montanelli: maestro di libertà».
Se ti dico Pressing pensando al basket, che cosa ti viene in mente?
«A un giornalino che inventai a vent’anni e di cui ero – si fa per dire – direttore, ma anche caporedattore, redattore ordinario, praticante, fattorino, fotografo, segretario e procacciatore di pubblicità. Aveva una sua freschezza e una sua dignità: Si salvò dalla chiusura grazie a Lucio Dalla. Ma questa te la racconto per gli 80 anni».
Se ti dico Guerin Sportivo?
«La mia vita. Troppo?».
Se ti dico Il Giorno?
«Una palestra insostituibile. Mi guardavo attorno e vedevo Brera, Clerici, Fossati (oltre a Pansa, Bocca, Nozza, Aspesi, Terzani, Morandini, Valli, Locatelli, Forcella…). Non era una redazione: era l’Olimpo».
Se ti dico L’Occhio?
«Un esperimento curioso, su richiesta (molto insistente) di Maurizio Costanzo. Era un giornale che aveva un suo perché. Ma lavorare fianco a fianco con Gianni Mura per un anno valse da solo il prezzo del biglietto».
Se ti dico Calcio 2000?
«Il mio “Quelli che il calcio” di carta. Un gioiello. Dovresti saperne qualcosa…».
In quest’ambito, non posso certo evitare di dirti Solocalcio…
«Una bellissima idea (non mia). Affrontata al comando di una coraggiosa nave corsara».
Conoscendo le tue qualità, non riesco a spiegarmi per quale motivo non ti abbiano mai offerto di dirigere un quotidiano… Tu che risposta mi (ti) dai?
«Che quando è successo ho detto no. A occhio e croce tre volte».
Chiudiamo la parentesi carta stampata: qual è la migliore redazione in cui hai lavorato?
«Ovviamente quella de Il Giorno: oltre ai mostri sacri di cui ho già parlato, Gazzaniga, Dardanello, Signori, Reineri…».
E qual è, invece, la migliore redazione che hai diretto?
«Guerin Sportivo 1989-90: per dispersione ».
Continua in 100 di questi giorni, Marino! – Fare televisione non era un mio obiettivo